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“Applausi” incanta Blera: il teatro equestre che unisce emozione, tradizione e spettacolo

BLERA (VT) — Per due serate consecutive, Blera ha vissuto il raro privilegio di vedersi riflessa in uno spettacolo capace di onorarne l’identità profonda. “Applausi” non è stato un episodio fortunato, ma l’esito di una sinergia curata con rigore: eccellenza artistica, direzione visionaria e una macchina organizzativa all’altezza di un progetto che ambiva a molto più del semplice intrattenimento. Ne è nato un teatro equestre compiuto, che ha unito virtuosismo e racconto, spettacolarità e pensiero, radicamento e apertura. Fin dall’avvio, la cifra è parsa duplice: esattezza del gesto e immersione emotiva. I maestri del settore e gli ensemble acrobatici hanno presentato numeri ad alta intensità, sostenuti da una relazione visibile — quasi tattile — con i cavalli. Nei passaggi in libertà, il respiro collettivo ha scandito i tempi di una drammaturgia che non viveva di singoli exploit, ma di un continuum narrativo capace di trasformare la prodezza in linguaggio. Lontano da ogni compiacimento tecnico, ogni figura trovava il suo posto dentro un disegno più ampio, in cui la precisione era sempre al servizio dell’immagine e della suggestione. Nel cast artisti del calibro di Bartolo Messina e gli Aragonas, gli Amici del Cavallo Maremmano e Tolfetano di Blera, Mario De Carolis, Erica Camilli, Chiara, Christian e Sante Ciancaleoni, il Colle di Ermatha Show, Cinzia Ana Cortejosa, Massimiliano Ortenzi e Letizia Benedetti, Piera Bertocci e Chiara Caponetti. La cornice ha fatto la sua parte: il “suggestivo borgo etrusco” non era semplice sfondo, ma dispositivo scenico. Le mura antiche, i vicoli, la tessitura del paesaggio hanno amplificato luci e ritmi, offrendo profondità reale alle linee coreografiche. È in spazi così che il teatro equestre dispiega tutta la sua verità: il cavallo dialoga con la pietra e il vento, l’evoluzione acquista peso simbolico, il pubblico scivola in uno stato di attenzione che confina con il rito. Blera, in questo senso, è stata partner e non contenitore: ha respirato con lo spettacolo, si è fatta eco e amplificatore. Gli obiettivi dichiarati — arte, emozione, inclusione — hanno trovato riscontro concreto. L’applauso, elevato a gesto cardine, è stato inteso come riconoscimento e patto: gesto di approvazione e di unione, postura civile prima ancora che teatrale. Le oltre 4.000 presenze sono la misura quantitativa di un esito che è stato soprattutto qualitativo: la platea ha seguito con attenzione costante, restituendo energia e partecipazione scena dopo scena. Così lo spettacolo si è fatto esperienza condivisa, strumento di coesione e di cittadinanza culturale. Il merito di questa coerenza appartiene alla regia di Rodolfo Lorenzini. La sua grammatica scenica nasce da un percorso che intreccia teatro classico e ricerca dei maestri italiani con il teatro fisico della scuola di Lecoq, senza dimenticare l’esattezza disciplinare dell’Accademia circense di San Pietroburgo. Ne deriva un approccio che rifiuta la mera giustapposizione di numeri: “Applausi” ha un arco emotivo riconoscibile, una progressione che conduce lo spettatore attraverso raccordi pensati, transizioni musicali misurate, climax preparati con pudore e lucidità. È in questa tessitura che il gesto equestre diventa drammaturgia, che la tecnica si fa racconto, che l’evento assume il passo del teatro. Dentro questa traiettoria, la tradizione non è feticcio, ma materia viva. La presenza di Domenico “Picone” Galli nel ruolo del buttero maremmano ha portato in scena la sapienza di un mestiere che è anche cultura e paesaggio. Il buttero, figura antica e insieme attualissima, incarna resilienza, rispetto dell’animale, conoscenza dei ritmi naturali. La sua apparizione è stata cerniera emotiva: ha radicato lo spettacolo, ne ha calibrato il respiro, ha aperto un arco di senso che andava oltre la spettacolarità per interrogare la memoria, il lavoro, l’identità dei luoghi. Non un intermezzo, dunque, ma un asse portante, un contrappunto capace di far risuonare i quadri più adrenalinici con una profondità ulteriore. Il dispositivo scenico ha beneficiato anche di una scelta di campo sul piano della visibilità: la madrina Corinne Cléry — attrice di fama mondiale, icona per generazioni, interprete di Histoire d’O (1975) e legata anche all’immaginario della Bond girl (Moonraker 1979) — ha offerto carisma e una sinergia fertile con i media. La sua presenza non ha snaturato l’evento: al contrario, lo ha proiettato fuori dalla nicchia, intercettando curiosità e sguardi nuovi, costruendo un ponte fra tradizione e intrattenimento mainstream. È così che un’eccellenza di settore trova pubblico trasversale senza perdere complessità. Il successo di “Applausi” si misura anche negli effetti collaterali virtuosi. Blera (il Comune ha organizzato l’evento con il sindaco Nicola Mazzarella e l’assessore Ottorino Menghini in prima linea e con il contributo della Provincia di Viterbo e della Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio) consolida la propria vocazione a sede di appuntamenti di alto profilo; il territorio beneficia di un’immagine forte, in cui la bellezza del borgo si allea a una proposta culturale distintiva. La nascita del Forum Italiano Cavallo-Arte-Spettacolo-Teatro Equestre — con l’orizzonte del riconoscimento UNESCO per la tradizione equestre italiana — indica che l’evento ha generato processi e non solo serate ben riuscite: un progetto che guarda al medio periodo, capace di organizzare la memoria, consolidare reti, offrire riconoscimento istituzionale a pratiche e saperi. Sul piano percettivo, è stata la platea a testimoniare il salto di qualità. “L’intensità con cui il pubblico ha seguito lo spettacolo ci fa pensare che Applausi sia un contributo significativo all’evoluzione creativa del teatro equestre in Italia”, ha osservato la direzione artistica. Una frase che fotografa il clima di ascolto e restituzione: i silenzi carichi prima dei volteggi, gli applausi a ondate, gli sguardi che seguivano gli assolo in libertà come si seguono le arie di un’opera. In quel tempo sospeso, il patto teatrale si è compiuto. C’è una lezione, infine, che “Applausi” consegna alla scena italiana: il teatro equestre non è un sottogenere, ma un linguaggio pieno che pretende cura drammaturgica, competenza tecnica, pensiero sullo spazio e sulla luce, dialogo con la storia e con la comunità. Quando questi elementi si incontrano — e qui si sono incontrati — il risultato supera la somma delle parti: lo spettacolo diventa racconto, il racconto esperienza, l’esperienza memoria condivisa. Giudizio critico: “Applausi” è un manifesto di maturità. Merito della visione di Rodolfo Lorenzini, della presenza simbolica di Domenico “Picone” Galli, del carisma di Corinne Cléry e della coralità di maestri e gruppi acrobatici che hanno trasformato la tecnica in emozione. Blera non ha fatto da sfondo: è stata co-autrice. Da qui, la sensazione che qualcosa sia iniziato davvero: un percorso che potrà fare scuola, dentro e oltre i confini dell’arte equestre.